Uso sostenibile della risorsa corallo
LE MISURE PER LA GESTIONE DELLA PESCA
Il corallo rosso dal nome scientifico “corallium rubrum” è pescato sin dall’antichità, ve ne sono tracce presso i Sumeri, Assiri, Fenici, Celti.
Attualmente la sua raccolta è eseguita nel Mar Mediterraneo e lungo le coste atlantiche del Marocco.
Il GFCM - Commissione generale della pesca nel mar mediterraneo - nel corso degli anni, ha organizzato una serie di workshops in diverse città Europee e nord Africane, alla presenza di ricercatori, tecnici, scienziati provenenti da tutto il mondo insieme ai rappresentanti di tutti i governi dei paesi mediterranei con la finalità di stabilire una serie di raccomandazioni obbligatorie per rendere la pesca del corallo ecocompatibile con l’ambiente marino e sostenibile nel tempo.
Le misure più rilevanti adottate per la gestione della pesca nel Mediterraneo sono le seguenti:
La pesca puo’ essere effettuata solo dai subacquei.
L’unico attrezzo consentito durante la raccolta è la picozza.
È proibita la pesca a profondità inferiori ai 50 metri.
I pescatori autorizzati, sono tenuti a registrare e a riferire alle autorità competenti, le quantità pescate e lo sforzo, redigendo un apposito formulario utilizzato per creare una banca dati.
È vietata, la pesca di rami di corallo, con diametro inferiore a mm 7.
È possibile lo sbarco del corallo pescato, solo in porti designati dalle autorità locali;
I piani di gestione locali - che regolano la pesca nelle diverse zone del mediterraneo - possono implementare misure soltanto più restrittive dei criteri appena elencati.
La gestione locale è basato su un sistema di licenze di pesca a numero limitato, quote limitate di raccolta assegnate a ciascun pescatore, rotazione delle aree di raccolta, periodo limitato di pesca.
Tutte queste misure adottate insieme alla costante vigilanza del GFCM (organismo FAO) rendono la pesca del corallo rosso ecocompatibile con l’ambiente marino e sostenibile nel tempo.
DIFFERENZA TRA CORALLO DI BARRIERA E CORALLO PREZIOSO
E’ scorretto porre sullo stesso piano il corallo utilizzato in gioielleria e quello delle formazioni coralline, che in verità non hanno niente a che vedere l’uno con l’altro.
E’ pur vero comunque che gli zoologi li inseriscono nello stesso gruppo (Cnidari) e nella stessa classe (Antozoi), anche se i coralli delle barriere tropicali sono madreporari e risiedono in acque superficiali, mentre il corallo utilizzato in gioielleria è un gorgonaceo, appartenente alla famiglia delle Gorgonie (pescato su fondi rocciosi a 10-15 m di profondità e oltre).
Le 5 specie di corallo utilizzate in gioielleria , perché adatte per le loro caratteristiche di durezza e compattezza, sono :
CORALLIUM RUBRUM, JAPONICUM, ELATIUS, SECUNDUM, KONJOI.
Nessuna di queste specie proviene da barrire coralline.
Il Corallium rubrum, è diffuso in tutto il Mar Mediterraneo. Comunemente noto come Corallo Sardegna o appunto Corallo Mediterraneo, si trova fino a 200 metri di profondità ed è generalmente di colore rosso con tonalità più o meno chiare a seconda della zona di provenienza .
Il Corallo Giapponese, come vengono a volte impropriamente indicate le 4 specie provenienti dall’Oceano Pacifico, presenta invece colorazioni che passano dal rosso intenso del corallo moro giapponese, l’AKA, fino al rosa pallido del famoso pelle d’angelo (il BOKE’), passando dall’arancio del CERASUOLO e il bianco rosato del DEEP SEA o del MISSU. Si può trovare anche a profondità notevoli: fino a 1000 - 1500 metri di profondità; da qui la denominazione di una varietà di questi coralli DEEP SEA CORAL (corallo di mare profondo). Le denominazioni in maiuscolo indicano nomi commerciali comunemente utilizzati dagli addetti ai lavori così come detto per il CORALLO MEDITERRANEO.
Puntualizza Tommaso Mazza, Presidente di Assocoral:
“I coralli utilizzati in gioielleria, sia quello del Mediterraneo sia le altre 4 specie presenti nel Pacifico, non sono coralli di barriera. Delle circa 1200 specie esistenti di coralli, soltanto 5 sono lavorabili e nessuna di esse proviene dalle barriere coralline. Sono coralli di profondità.
Del resto, i coralli di barriera, hanno caratteristiche non adatte alla lavorazione.
A volte usati come souvenir per turisti, sono troppo friabili e non adatti all’uso in gioielleria, e in più, sono protetti da rigidissime norme che ne vietano il prelievo.
Questo però non è sempre ben chiaro e anzi viene spesso strumentalizzato.
Negli ultimi tempi, soprattutto, è aumentata l’attenzione e la coscienza per i problemi ambientali e le ripercussioni sul nostro comparto possono essere notevoli se veniamo accomunati a condotte sempre più condannate dalla comunità.
Pertanto ribadisco che i coralli di barriera non sono utilizzati e utilizzabili in gioielleria, e per altro ne è vietata completamente la pesca e la commercializzazione.
Ben altro discorso per i coralli preziosi di profondità, quelli che noi preleviamo e lavoriamo per uso commerciale.
Il prelievo di questi ultimi è consentito ed è regolamentato da specifiche norme legislative, esistenti ormai da anni nella nostra regione Sardegna e diffuse ormai in tutto il Mar Mediterraneo, grazie alle quali il mondo scientifico ha potuto affermare, negli ultimi anni, che queste specie di coralli non sono a rischio di estinzione, perché adeguatamente protette e tutelate.
Noi stessi siamo impegnati in prima linea, come Associazione, per assicurarne un uso sostenibile, sotto il controllo di un’agenzia FAO, la GFCM.
Intendo, per uso sostenibile, pratiche di raccolta che assicurino nel tempo la possibilità di avere sempre a disposizione materia prima che alimenti il nostro artigianato.
Come si può facilmente intendere, la nostra categoria è prioritariamente interessata a perché ciò avvenga. Pena la scomparsa stessa del settore.
Stesso discorso per i nostri colleghi giapponesi, che nei loro mari, in accordo con le norme emanate dalle loro autorità competenti, si adoperano per lo stesso fine comune”.
In definitiva, tutti i coralli utilizzati nella lavorazione, artigianale e non inquinante, sono di profondità, non sono a rischio di estinzione e non vanno confusi con quelli delle barriere coralline che non sono assolutamente utilizzati nelle nostre lavorazioni.
Il corallo rosso dal nome scientifico “corallium rubrum” è pescato sin dall’antichità, ve ne sono tracce presso i Sumeri, Assiri, Fenici, Celti.
Attualmente la sua raccolta è eseguita nel Mar Mediterraneo e lungo le coste atlantiche del Marocco.
Il GFCM - Commissione generale della pesca nel mar mediterraneo - nel corso degli anni, ha organizzato una serie di workshops in diverse città Europee e nord Africane, alla presenza di ricercatori, tecnici, scienziati provenenti da tutto il mondo insieme ai rappresentanti di tutti i governi dei paesi mediterranei con la finalità di stabilire una serie di raccomandazioni obbligatorie per rendere la pesca del corallo ecocompatibile con l’ambiente marino e sostenibile nel tempo.
Le misure più rilevanti adottate per la gestione della pesca nel Mediterraneo sono le seguenti:
La pesca puo’ essere effettuata solo dai subacquei.
L’unico attrezzo consentito durante la raccolta è la picozza.
È proibita la pesca a profondità inferiori ai 50 metri.
I pescatori autorizzati, sono tenuti a registrare e a riferire alle autorità competenti, le quantità pescate e lo sforzo, redigendo un apposito formulario utilizzato per creare una banca dati.
È vietata, la pesca di rami di corallo, con diametro inferiore a mm 7.
È possibile lo sbarco del corallo pescato, solo in porti designati dalle autorità locali;
I piani di gestione locali - che regolano la pesca nelle diverse zone del mediterraneo - possono implementare misure soltanto più restrittive dei criteri appena elencati.
La gestione locale è basato su un sistema di licenze di pesca a numero limitato, quote limitate di raccolta assegnate a ciascun pescatore, rotazione delle aree di raccolta, periodo limitato di pesca.
Tutte queste misure adottate insieme alla costante vigilanza del GFCM (organismo FAO) rendono la pesca del corallo rosso ecocompatibile con l’ambiente marino e sostenibile nel tempo.
DIFFERENZA TRA CORALLO DI BARRIERA E CORALLO PREZIOSO
E’ scorretto porre sullo stesso piano il corallo utilizzato in gioielleria e quello delle formazioni coralline, che in verità non hanno niente a che vedere l’uno con l’altro.
E’ pur vero comunque che gli zoologi li inseriscono nello stesso gruppo (Cnidari) e nella stessa classe (Antozoi), anche se i coralli delle barriere tropicali sono madreporari e risiedono in acque superficiali, mentre il corallo utilizzato in gioielleria è un gorgonaceo, appartenente alla famiglia delle Gorgonie (pescato su fondi rocciosi a 10-15 m di profondità e oltre).
Le 5 specie di corallo utilizzate in gioielleria , perché adatte per le loro caratteristiche di durezza e compattezza, sono :
CORALLIUM RUBRUM, JAPONICUM, ELATIUS, SECUNDUM, KONJOI.
Nessuna di queste specie proviene da barrire coralline.
Il Corallium rubrum, è diffuso in tutto il Mar Mediterraneo. Comunemente noto come Corallo Sardegna o appunto Corallo Mediterraneo, si trova fino a 200 metri di profondità ed è generalmente di colore rosso con tonalità più o meno chiare a seconda della zona di provenienza .
Il Corallo Giapponese, come vengono a volte impropriamente indicate le 4 specie provenienti dall’Oceano Pacifico, presenta invece colorazioni che passano dal rosso intenso del corallo moro giapponese, l’AKA, fino al rosa pallido del famoso pelle d’angelo (il BOKE’), passando dall’arancio del CERASUOLO e il bianco rosato del DEEP SEA o del MISSU. Si può trovare anche a profondità notevoli: fino a 1000 - 1500 metri di profondità; da qui la denominazione di una varietà di questi coralli DEEP SEA CORAL (corallo di mare profondo). Le denominazioni in maiuscolo indicano nomi commerciali comunemente utilizzati dagli addetti ai lavori così come detto per il CORALLO MEDITERRANEO.
Puntualizza Tommaso Mazza, Presidente di Assocoral:
“I coralli utilizzati in gioielleria, sia quello del Mediterraneo sia le altre 4 specie presenti nel Pacifico, non sono coralli di barriera. Delle circa 1200 specie esistenti di coralli, soltanto 5 sono lavorabili e nessuna di esse proviene dalle barriere coralline. Sono coralli di profondità.
Del resto, i coralli di barriera, hanno caratteristiche non adatte alla lavorazione.
A volte usati come souvenir per turisti, sono troppo friabili e non adatti all’uso in gioielleria, e in più, sono protetti da rigidissime norme che ne vietano il prelievo.
Questo però non è sempre ben chiaro e anzi viene spesso strumentalizzato.
Negli ultimi tempi, soprattutto, è aumentata l’attenzione e la coscienza per i problemi ambientali e le ripercussioni sul nostro comparto possono essere notevoli se veniamo accomunati a condotte sempre più condannate dalla comunità.
Pertanto ribadisco che i coralli di barriera non sono utilizzati e utilizzabili in gioielleria, e per altro ne è vietata completamente la pesca e la commercializzazione.
Ben altro discorso per i coralli preziosi di profondità, quelli che noi preleviamo e lavoriamo per uso commerciale.
Il prelievo di questi ultimi è consentito ed è regolamentato da specifiche norme legislative, esistenti ormai da anni nella nostra regione Sardegna e diffuse ormai in tutto il Mar Mediterraneo, grazie alle quali il mondo scientifico ha potuto affermare, negli ultimi anni, che queste specie di coralli non sono a rischio di estinzione, perché adeguatamente protette e tutelate.
Noi stessi siamo impegnati in prima linea, come Associazione, per assicurarne un uso sostenibile, sotto il controllo di un’agenzia FAO, la GFCM.
Intendo, per uso sostenibile, pratiche di raccolta che assicurino nel tempo la possibilità di avere sempre a disposizione materia prima che alimenti il nostro artigianato.
Come si può facilmente intendere, la nostra categoria è prioritariamente interessata a perché ciò avvenga. Pena la scomparsa stessa del settore.
Stesso discorso per i nostri colleghi giapponesi, che nei loro mari, in accordo con le norme emanate dalle loro autorità competenti, si adoperano per lo stesso fine comune”.
In definitiva, tutti i coralli utilizzati nella lavorazione, artigianale e non inquinante, sono di profondità, non sono a rischio di estinzione e non vanno confusi con quelli delle barriere coralline che non sono assolutamente utilizzati nelle nostre lavorazioni.